Aprire una finestra sul muro condominiale senza autorizzazione dell'assemblea
Con la sentenza n. 11445/2015 della Cassazione è possibile aprire o allargare un varco in un muro condominiale senza autorizzazione assembleare. Sempre che "tale varco non alteri la destinazione del muro e delle altre cose comuni, non comprometta il diritto al pari uso e non arrechi pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e decoro architettonico del fabbricato".
Per avere un'idea un po' più chiara è bene partire dall'articolo di legge che regola l'uso del bene comune da parte di ciascun condomino, il n. 1102 del Codice Civile. Consente di servirsi del bene comune «purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto». Negli anni si è via via precisato sino a che punto il singolo condomino può servirsene senza ledere i diritti altrui.
Nel 2006, con la sentenza n. 26226, la Cassazione ha chiarito che «la quota di proprietà di cui all′articolo 1118 Cc, quale misura del diritto di ogni condomino, rileva relativamente ai pesi ed ai vantaggi della comunione; ma non in ordine al godimento che si presume uguale per tutti, come ribadisce l'articolo 1102 CC con il porre il limite del “pari uso”». In pratica, i diritti di godimento devono essere uguali indipendentemente dai millesimi di proprietà.
La specifica "pari uso", però, «non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri» (Sentenza n.8808/2003 della Cassazione). Che significa che ogni condomino ha diritto di servirsi del bene comune nella sua pienezza ed interezza e al singolo è consentito anche un uso più intenso della cosa, a condizione che venga rispettata la facoltà degli altri condomini di farne pari uso.
Nel 2012, sempre la Cassazione ha aggiunto un ulteriore tassello per far luce sull'argomento: «Il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto» (sentenza n. 14107).
Su questo solco si inserisce la sentenza n.11445 del 03/06/2015, che afferma: «Il disposto dell'art. 1102 cod. civ. è nel senso che ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune un'utilità - più intensa o anche semplicemente diversa da quella ricavata eventualmente in concreto dagli altri comproprietari, purché non ne venga alterata la destinazione o compromesso il diritto al pari uso. A tal fine il singolo condomino può apportare alla cosa comune le modificazioni del caso, sempre sul presupposto che l'utilità, che in contrasto con la specifica destinazione della medesima (Cass.12310/11) o, a maggior ragione, che essa non perda la sua normale ed originaria destinazione (Cass. 1062/11)».